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Essere un leader significa essere responsabile. Ogni giorno, affronta nuove sfide, prendi decisioni difficili, ispira e guida gli altri. E allo stesso tempo rimanere forti, fiduciosi e resistere al colpo in ogni circostanza. Ma dietro la facciata esterna della fermezza di un leader si nasconde spesso una persona molto vulnerabile e imperfetta. Con le tue paure, dubbi, stanchezza e delusioni. E più sali la scala della carriera, meno hai il diritto di essere debole. Più si aspettano da te impeccabilità ed eroismo. Una delle trappole più insidiose in cui può cadere un leader è il Triangolo di Karpman. Dopotutto, quando ti viene data la responsabilità delle persone e dei risultati, è così facile scivolare nel ruolo di Salvatore. Ti fai carico di tutti i problemi, ti fai il culo, ti sacrifichi per il bene comune. E all'inizio dà anche soddisfazione: sentirsi necessari, insostituibili, onnipotenti. Ma prima o poi le batterie si scaricano. E ora il Salvatore di ieri si sente una Vittima oppressa. È offeso dai subordinati ingrati, deluso dai colleghi, sfinito dalla corsa infinita. Ma non puoi mostrare debolezza! E poi - il classico ciclo drammatico: dopo la Vittima arriva il Persecutore. Il leader diventa esigente, intollerante e può scagliarsi contro gli altri. Dopotutto, se nessuno ti apprezza, vuoi solo vendicarti, dimostrare la tua importanza e il tuo potere. Ed eccolo qui: un circolo vizioso di autodistruzione. Estenuante oscillazione tra onnipotenza, impotenza e aggressività. Perdere il contatto con i tuoi veri sentimenti e bisogni. Solitudine al vertice, per la quale bisogna pagare un prezzo troppo alto. Come uscire da questo scenario? Prima di tutto, renditi conto che ci sei dentro. Solo questo richiede molto coraggio. Ammetti a te stesso che spesso scappi dalla tua stessa vulnerabilità. Che dietro la maschera del Salvatore si nasconde una persona stanca, spaventata e dubbiosa in circostanze difficili. E non sarai in grado di saltare giù ((Poi, impara a chiedere aiuto e supporto. Prova a trovare coloro di cui ti fidi, rivolgiti a loro. Affronta la paura e inizia a delegare. Cerca di perdonare te stesso gli errori e gli sbagli, permettiti essere imperfetto, stanco, depresso. Non un eroe, ma un essere umano L'ambiente mette sotto pressione i leader e l'ambiente organizzativo. Concorrenza feroce, cambiamenti costanti, necessità di ottenere risultati elevati con risorse limitate: tutto ciò crea enorme stress e fattori sociali e psicologici - le aspettative dei subordinati, le relazioni all'interno della squadra, le circostanze personali - aggiungono i loro colori a questo quadro difficile. Non sorprende affatto che molti leader sperimentano un esaurimento emotivo e perdono il contatto con i propri veri valori e desideri. Dopotutto, per soddisfare standard elevati, devi sacrificare i tuoi bisogni umani. Ma per quanto tempo puoi essere un leader efficace se sei vuoto e disorientato dentro? Certo, c'è la tentazione di trovare una soluzione semplice, una formula magica per una leadership ideale. Diventa più autentico, sviluppa empatia e intelligenza emotiva e tutti i problemi scompariranno! Ma in realtà il percorso di leadership non è così lineare e univoco. Sì, lavorare su se stessi è sicuramente importante per la crescita personale di un leader. La capacità di comprendere le tue vere motivazioni, di essere onesto con te stesso e di costruire relazioni profonde con le persone sono tutte componenti necessarie di una leadership matura. Senza questo nucleo interiore, il leader rischia di trasformarsi in una funzione, in un portatore di un ruolo sociale. Ma la sola autorealizzazione non basta. La leadership riguarda sempre l’interazione, le relazioni con i follower e con il contesto. E qui non esistono ricette universali: ciò che ispira una squadra può demotivarne un'altra. Ciò che è appropriato in una cultura organizzativa potrebbe non esserlo in un’altra. Un leader deve costantemente bilanciarsi, adattarsi, cercare quel delicato equilibrio tra umanità e risolutezza, intimità e